L’ho già scritto nel libro, ma è un episodio che voglio ricordare nel giorno del suo addio.
E’ un sabato sera del 2002, sono le 19 ed è in programma il derby Inter-Milan, mi suona il cellulare ed è Francesco Toldo, che un’ora e mezzo dopo sarebbe stato davanti ad una delle due porte di San Siro.
Mi chiede se mi era arrivata la sua maglia, richiesta per un ragazzo disabile interista di Grassina: parla piano perché è in pullman e si sento pure le voci dei compagni.
Credo basti questo racconto per spiegare meglio di ogni altro esempio chi sia Francesco Toldo e come abbia conservato da ricco signore quella genuinità che scoprii quando lo conobbi la prima volta da semplice “brindellone”, nell’estate 1993 a Roccaporena.
A Firenze è diventato uomo, facendo molto in silenzio per chi chiedeva un aiuto e davvero ha amato molto la maglia che ha splendidamente indossato per otto anni.
Ieri poi è accaduta una cosa veramente strana: ero a Firenze Sud impegnato nei miei soliti forsennati giri giornalistici-commerciali quando ricevo una chiamata che mi induce ad andare velocemente in radio per un incontro che tra l’altro porterà altre novità importanti (come se non ce ne fossero state abbastanza negli ultimi mesi tra “Viola nel cuore” e “Anteprima Pentasport”…).
La cosa va un po’ per le lunghe e verso le 17.30 mi dicono che Francesco ha dato ufficialmente l’addio al calcio.
Lo chiamo e dopo il solito no iniziale automatico accetta di salutare tutti i tifosi all’inizio del Pentasport, quindi parto io invece del povero Barry a condurre.
Una coincidenza rarissima, perché io a Prato non vado davvero mai, se non il venerdì, ma si vede che in qualche modo era scritto che dovessi degnamente salutarlo.