Adriano Sofri è una delle poche persone che mi ha veramente impressionato da intervistatore: parlando con lui hai l’impressione di essere inferiore come intelligenza e cultura.
Una sensazione personale, intendiamoci.
Non entro nella vicenda Calabresi, ovviamente, e mi riferisco ad un’ora di colloquio avuto nell’inverno del 2004 nel carcere di Pisa, quando Sofri disse di tifare Fiorentina (che lo ringraziò spedendogli una muta di maglie viola per la squadra dei carcerati) perché vedeva nella formazione di Della Valle una speranza: era morta nell’agosto del 2002 e dopo pochi mesi stava già lottando per tornare in serie A.
Fra ieri e oggi Sofri illustra le sue perplessità morali per l’ingaggio di Mihajlovic e invita i fiorentini a mobilitarsi sull’argomento.
Lo ha fatto sul Foglio e ha ribadito stamani i concetti sull’edizione fiorentina di Repubblica.
Idee più che condivisibili se però al tecnico serbo fosse stato affidato il compito di amministrare la città, ma Mihajlovic deve “solo” allenare la Fiorentina e si spera che segua in questo Prandelli, di cui nessuno conosce gli orientamenti politici.
Mi chiedo anche se nella civile e molto rossa Bologna l’arrivo un anno e mezzo e fa del nuovo tecnico abbia provocato gli stessi mal di pancia.
Pur avendo idee diametralmente opposte a Mihajlovic (e sperando che ognuno dei due abbia sempre la possibilità di esprimerle liberamente), mi chiedo se questa città a livello calcistico, e forse non solo calcistico, non sia ancora una volta caduta nella più deleteria sindrome tafazziana.