In casa Guetta vige questa regola: per ogni figlio che nasce, se ne adotta uno a distanza.
Tre figli naturali, tre figli da aiutare a crescere nelle zone più povere del mondo.
Non è che si sia particolarmente bravi o chissà cosa, sinceramente facciamo molto meno di quello che potremmo fare e comunque oggi non è questo il punto.
Il punto, inaccettabile, è che oggi è arrivata una lettera che ci comunicava la morte di John Wilson, il nostro primogenito a distanza, che aveva l’età della Valentina e che almeno una volta l’anno ci scriveva per raccontarci dei suoi progressi e per ringraziarci di aiutarlo (lui ci ringraziava per quella miseria che davamo all’associazione…).
John è morto per la malaria, perché in Malawi si può ancora morire a 14 anni per la malaria.
E mentre noi, poveri stronzi, stiamo a qui a frullare il cervello per comprare una macchina più grande, una casa più spaziosa, il motorino per la figlia, la vacanza in settimana bianca o nel villaggio a quattro stelle (tutte cose che io, più stronzo di altri, faccio abitualmente), dall’altra parte del mondo si muore per una malattia che si potrebbe sconfiggere se solo ci fossero un po’ di soldi.
Un po’ dico, non i milioni con cui siamo abituati a convivere nel calcio.
Eh già, ma ci basta vedere quel righino grigio sull’estratto del conto corrente che ci dice che hanno prelevato quei 600 fottutissimi euro per sentirci tranquilli con la nostra coscienza.
Chissà se John ha mai tirato due pedate ad un pallone nei suoi pochi mesi di vita…