IL DIRETTORE
L’idea venne all’improvviso: perché non chiedere a Sconcerti, al “mitico” Sconcerti, di diventare opinionista di Radio Blu? Osai e dopo una settimana di corteggiamento ricevetti il suo assenso. La prima volta, rispettosamente, lo misi in collegamento insieme a Manuela Righini, ma la sera stessa mi disse che avrebbe gradito parlare da solo, magari rispondendo alle domande dei tifosi. Nacque così un appuntamento che per tre anni è stato davvero imperdibile. Quasi ogni volta la Fiorentina mi chiedeva copia della registrazione, perché raramente gradiva ciò che diceva il direttore del Corriere dello Sport-Stadio. Io ci ridevo sopra e consegnavo la cassetta.
Sconcerti era fantastico nell’eloquio, bastava non contraddirlo. In quei casi passava velocemente dal lei al tu, e poi alla trivialità più insospettabile, lasciandomi a volte in grave imbarazzo. Però con lui abbiamo fatto grande radio, specie quando parlava di tecnica. Le cose cambiarono un po’ quando entrò nella Fiorentina con la delicatezza di un elefante in una cristalleria, ma questa è una storia da raccontare più avanti.

IL CAZZOTTO
L’informatore fiorentino preferito di Cecchi Gori era il vice presidente Ugo Poggi, a cui devo riconoscere una lealtà di fondo quasi unica fra i collaboratori di Vittorio. Ciò nonostante, credo, e lui sa che la penso così, che abbia combinato diversi pasticci per la sua voglia di tenere aggiornato il presidente. A Poggi non piaceva affatto la linea informativa scelta per Canale Dieci da Sandrelli: secondo lui si criticava troppo e non si aiutava abbastanza la Fiorentina. Io invece imparai proprio in quegli anni ad apprezzare il lavoro di Massimo. Magari qualche volta contava un po’ troppo sulla propria intelligenza, ma ci ha comunque consentito di lavorare in un clima di libertà che dall’esterno non poteva nemmeno essere immaginato.
Poggi dunque preferiva frequentare le tribune di Rete 37, e fu proprio da lì che pronunciò la fatidica frase: «quello che fanno a Canale Dieci non mi piace affatto. L’ho detto più volte a Vittorio e fosse per me l’avrei già chiusa». In studio i giornalisti presenti godettero senza nemmeno nasconderlo troppo e nessuno fu colto dallo scrupolo professionale di difendere i colleghi. Solo Luca Calamai, presidente del gruppo giornalisti sportivi toscani, ebbe l’umiltà di riconoscere l’errore del mancato intervento e scrisse una lettera di scuse che mettemmo in bacheca.
A Canale Dieci intanto ci eravamo scatenati ed io ero fra i fomentatori del gruppo anti-Poggi, anche perché ritenevo, probabilmente non a torto, che fosse stato proprio lui a mettere zizzania tra me e Cecchi Gori per la storia degli opinionisti. Buttammo giù un documento unitario pesantissimo contro di “il signor Ugo Poggi”, mentre ad ogni Pentasport non perdevo occasione per sparare sul vice presidente a palle incatenate. Il giovedì successivo, al campo delle Due Strade durante l’amichevole della Fiorentina, la situazione degenerò. Io non c’ero, ma Alessandro Rialti mi ha raccontato di alcune battute sarcastiche di Sandrelli rivolte ad un Poggi già fumante di rabbia per il comunicato e per tutte le polemiche da noi scatenate contro di lui. Nell’intervallo Rialti vide che Poggi si stava avvicinando minacciosamente al “nemico” e cercò di bloccarlo tenendogli le braccia. Ugo, più vecchio di ventidue anni, con una mossa da consumato calciante si liberò di Alessandro con una gomitata alla bocca dello stomaco e sferrò un cazzotto micidiale sul volto di Massimo, che finì steso per terra. Più tardi qualcuno mi disse che al secondo posto della lista c’ero io, ma non ho mai appurato se fosse vero. Ho quindi passato altri due anni di alti e bassi con Poggi, a cui comunque mi univa la disistima, peraltro temporanea, verso Malesani. Poi, nel duemila, lui dette le dimissioni e da allora è diventato un interlocutore prezioso. Uno dei pochi, secondo me, ad aver salvato la faccia nella rovina viola del 2002.

NEMICI
Riepilogando: Batistuta, Malesani, Poggi completamente contro; Antognoni (non ho mai capito il perché, forse per via di Sandrelli) più contro che a favore, Cinquini neutro. Luna variabile, a seconda di come si alzava la mattina, e Cecchi Gori spesso non pervenuto. Questo era il quadro della mia situazione con il potere viola nella primavera del 1998. Senza contare che Cardini, il plenipotenziario politico di Vittorio, mi vedeva come il fumo negli occhi per via di amicizie con altri gruppi radiofonici. Obiettivamente il fatto che sia sopravvissuto a Canale Dieci ha del miracoloso e meriterebbe un attento studio sociologico.
Come ho fatto? Intanto è giusto ammettere che avevo ormai maturato una certa abilità nel muovermi tra i casini, che nel gruppo Cecchi Gori spuntavano come funghi nel bosco d’autunno. Poi c’era il fatto che il Ring dei Tifosi continuava ad essere la trasmissione più vista della televisione, che le mie radiocronache avevano il 90% dell’ascolto dell’emittenza privata, che il Pentasport piaceva moltissimo ai tifosi e che gli sponsor che portavo a Canale Dieci non facevano schifo a nessuno. C’era infine, forse più importante di tutti, il famoso fattore “C”. O, ad essere più eleganti, il fattore fortuna: Malesani ce l’aveva con Poggi, che ce l’aveva con Luna, che ce l’aveva con Cardini. E Luna non poteva dare a Poggi e Cardini la soddisfazione di farmi fuori e comunque, quando attaccavo Malesani, improvvisamente piacevo anche al vice presidente. Quando alla fine della stagione Sandrelli, che mi aveva sempre difeso, dette l’addio al gruppo Cecchi Gori, diventai addirittura responsabile della redazione sportiva e qualcuno si mangiò il cappello dalla rabbia.

UN GIGANTE DEL PENSIERO
Un mio amico mi ha detto che la colpa è stata mia perché bastava rifarsi alla fisiognomonia (la deduzione parascientifica dei caratteri spirituali degli individui ricavata dall’aspetto del loro volto) per evitare qualsiasi frequentazione con Domenico Morfeo.
La prima volta che ho avuto a che fare con lui è stato quando il giorno stesso del Ring disse che non sarebbe venuto perché improvvisamente gli era passata la voglia. L’ultima, quando ha chiesto il numero del mio cellulare a Macilletti e mi ha chiamato dicendo che mi «avrebbe picchiato se continuavo a metterlo sullo stesso livello di Marco Rossi e Nuno Gomes». Non sarà male ricordare che fra me e lui ci sono venti chili di e dieci centimetri di differenza a mio favore. Fra un episodio e l’altro corrono quattro anni e tanti altri simpatici siparietti in cui Morfeo, che ama spesso parlare di sé in terza persona, ha fornito prove entusiasmanti di intelligenza pura. Sì, a pensarci bene, aveva proprio ragione il mio amico.

GRAN FINALE
La Fiorentina di Malesani vinse le ultime tre partite del campionato, lasciando in tanti la sensazione che il tecnico si fosse purtroppo fermato a metà dell’opera, ma lo strappo con Cecchi Gori era ormai definitivo. A Roma contro la Lazio Batistuta segnò quello che, secondo i desideri di Gabriel, era il suo ultimo gol in maglia viola: mise il pallone sotto la maglia, mimando la terza gravidanza di Irina, e sembrò commosso. Alby si era intanto promesso prima al Bologna e poi al Parma, che lo aveva cercato dopo la vittoria viola al Tardini propiziata da uno straordinario gol di Edmundo. Presidente ed allenatore si presentarono insieme all’ultima conferenza stampa, facendo finta di essere dispiaciuti ed invece non ne potevano più l’uno dell’altro. Col tecnico se ne andava da gran signore anche Oreste Cinquini, molto cresciuto professionalmente negli ultimi due anni. Mi chiamò per ringraziarmi della collaborazione offerta in cinque stagioni e per scusarsi dei dissapori passati: davvero unico nel suo genere.
Per la sostituzione di Malesani c’era chi diceva (finalmente) Ulivieri e chi il tifoso viola Mondonico, ma Vittorio smentì tutti, affermando di «avere un asso nella manica». Ed era vero, perché sulla panchina viola arrivò Giovanni Trapattoni.