Periodo sfigato della mia adolescenza: incidente pauroso con la moto due mesi prima, volto sfregiato, fanciulle che si allontanavano (sarò per sempre grato all’unica che mi dava…una mano), il giornalismo come sogno impossibile da raggiungere senza parenti potenti o giornalisti, la Fiorentina nel cuore e nell’anima.
Per far frullare un po’ le cose avevo convinto i miei genitori a darmi la casa per la festa dell’ultimo dell’anno 1977, fosse mai che ci scappasse qualcosa… e in quel periodo mi sarei davvero accontentato di poco.
Ma il pomeriggio la Fiorentina giocava col Napoli, era penultima, mi pare, in classifica, Mazzone era stato esonerato e in panchina sedeva il grande Mario Mazzoni, cuore (troppo debole) viola come pochi al mondo.
Sto come sempre in curva ferrovia e la partita è orribile, gente non scarsissima come Caso e Casarsa inguardabile, rischiamo pure di prendere gol.
Ma poi arriva lui, Giancarlo Galdiolo, fisico da far paura, piedi come roncole, generosità spaventosa: batte per disperazione una punizione da una distanza siderale, rischia di staccare un paio di teste e la palla va dentro.
Vinciamo non si sa come e la serata comincia a tingersi di rosa (poi non succederà niente, ma era il periodo…): io ringrazio ancora Galdiolo, per quella punizione e per quando due anni prima si mise a parlare con me che mi ero imbucato nel ritiro viola con Rocco per fare domande per il mio ennesimo giornalino scolastico.
E domani a mezzogiorno faticherò molto a non piangere quando ci racconteranno cosa è rimasto di quell’uomo che è stato, insieme a pochi altri, la Fiorentina per dieci anni.