Due squallidi pareggi contro le squadre meno motivate della serie A sono la giusta conclusione di una delle più tristi stagioni che io ricordi nel mio trentennale vagabondare dietro alla Fiorentina.
Alla fine è stata peggio di quella di Bersellini, perché almeno nel 1987, pur nel dispiacere dell’addio di Antognoni, avevamo Baggio a cui aggrapparci, e ancora Berti, Carobbi e Onorati che potevano esplodere e poi, soprattutto, avevamo preso atto della pochezza espressa e avevamo cambiato decisamente rotta facendo arrivare Eriksson.
Qui invece la situazione è la seguente: Corvino, che continuerà a magnificare il campionato perché “non abbiamo fatto la fine della Sampdoria”, deve prima vendere e poi comprare (si spera bene), il discorso del presidente è rimandato a giugno, Mihajlovic ha contro almeno la metà dei tifosi ma è straconfermato e la gente si è discretamente rotta le scatole dell’autoreferenzialità viola e dello scarso appeal dell’ambiente.
Chiudere con due vittorie avrebbe significato portare un po’ di ossigeno e invece, salvo rare eccezioni, molti dei protagonisti (non Mihajlovic, che ci ha provato in tutti i modi) sono stati indecorosi anche nelle recite finale, altro che “stagione dignitosa”.
Non sono neanche andati a salutare gli ottanta poveracci arrivati fino a Brescia buttando loro le maglie: una mancanza di rispetto che non trova alcuna giustificazione.
Io sono molto arrabbiato e la settimana di sfogo su Radio Blu che parte oggi servirà anche a me per (spero) pacificarmi un po’ perché vi assicuro che in radiocronaca ci metto sempre il cuore, mentre a volte ho avuto l’impressione che in campo non vedessero l’ora che finisse tutto alla svelta.
Domani vi dico tutto per la nostra scommessa che ho vinto per un pelo.