Il mio rapporto con i soldi è sensibilmente variato nel corso degli anni.

Il vorrei ma non posso dell’infanzia e dell’adolescenza, con annesso un certo senso di frustrazione, si traduceva in fantastici progetti inevitabilmente sognati il 5 e il 6 gennaio di ogni anno, quando inevitabilmente fantasticavo di vincere i 150 milioni della lotteria di capodanno: compro il KTM e dopo la Golf GTD, regalo questo a quello e a quell’altro/a, vado a vivere per conto mio e non mi fermavo più.

Poi è arrivato il momento delle cambiali, per comprare la macchina e poi la casa, il tutto affrontato con molta leggerezza, perché da giovani si è molto più liberi di testa.

Ho avuto fortuna e mi sono impegnato davvero tanto, oggi direi troppo, al punto che oggi riesco a mantenere a livelli medio alti oltre al sottoscritto altre quattro persone, ma non ho mai abbandonato il senso della misura: i soldi sono importanti, e chi lo nega è un ipocrita, ma davvero non sono tutto.

Per questo non riesco ad appassionarmi alla vicenda Kalinic.

Nel mio piccolo ho rinunciato a qualche decina di migliaia di euro se il cambio professionale che mi veniva prospettato non mi sembrava giusto o, come nel caso dell’addio a Canale 10 quindici anni fa, se ritenevo opportuno scontare certi errori del passato, ma qui i valori economici in campo sono davvero fuori da ogni immaginazione.

Per questo mi astengo da qualsiasi giudizio, preferendo vigilare sul fatto che l’enorme somma eventualmente incassata sia poi in larghissima parte reinvestita per  il bene della Fiorentina.