In casa Guetta sanno a malapena se la Fiorentina è in lotta per l’Europa oppure no, ma è solo per organizzare le vacanze e magari, nel caso di Valentina, per farsi qualche trasferta in città particolarmente belle.
Fino a tre, quattro anni fa c’era il tormentone dei diritti, poi risolto per assoluta mancanza di concorrenza e insomma la vita dal punto di vista calcistico scorre piuttosto tranquillamente.
Al massimo Camilla si arrabbia per le insufficienze che posso dare sul Corriere Fiorentino a Gilardino, il suo preferito, ma non ricordo negli ultimi quindici anni una sola partita vista insieme, a parte la finale Mondiale del 2006.
Potete quindi immaginare il mio stupore quando la vicenda Prandelli ha monopolizzato la discussione familiare: “ma è vero che va via?”, mi ha chiesto improvvisamente Valentina.
E Letizia di rimando: “ma non è possibile! Come mai? Come mai si rinuncia a uno così bravo?”.
Ecco, mi sono detto, ci siamo: ormai Cesare Prandelli ha varcato le porte dell’universo calcistico ed è entrato davvero nell’immaginario di tutti, anche di chi non sa niente di fuorigioco.
Un po’ come successe per Baggio nel 1990 e se ci pensate bene ci sono tante assonanze: la Juve, l’amore vero della gente, la sensazione che venga portato via qualcosa di tuo.
Solo che nel caso di Prandelli si tratta di qualcosa di ancora più stupefacente, perché lui di mestiere non fa i gol ma l’allenatore, una professione che per definizione divide e non unisce.
E anche perché lui alla Juve c’era stato per sei anni da giocatore, però è come se tutti ce lo fossimo scordati.
Le donne di casa Guetta hanno annunciato una vibrata protesta, se Prandelli non dovesse più allenare la squadra: che dite, glielo vado a raccontare o no ai Della Valle e a Corvino?