Spippolavo ieri indolente la televisione in attesa dell’inizio del Pentasport quando all’improvviso sul canale 227 è apparsa una visione.
Mi fermo sempre se vedo le immagini in bianco e nero: ormai è una fase di rincoglionimento che peggiora col passare degli anni e ho quindi cercato di capire qualcosa in più alzando il volume perché in verità le immagini erano molto più che confuse.
Quando ho ascoltato il nome di Rogora e Amarildo, ho capito che stavano parlando di noi: era Palermo-Fiorentina, quartultima partita dell’anno del secondo scudetto.
Fortuna sfacciata: ero clamorosamente solo in casa, senza il consueto adorabile casino che solo due adolescenti e un bambino di 7 anni sanno creare e in più magicamente nessuno ha rotto le palle al telefono (casa e cellulare) per venti minuti.
Un incanto, meglio che andare a Gardaland o a Eurodisney.
Sprofondato sul divano, mi sono rivisto la vittoria sul Pisa, il trionfo di Torino, il servizio su Firenze che festeggia lo scudetto e la gara dell’apoteosi contro il Varese, che è poi l’unica che mi ricordo con una certa chiarezza, vetrine viola comprese.
Mi sembrava di essere il protagonista di “Nuovo cinema paradiso”, il Totò cresciuto che nell’ultima scena di quel film per me fantastico rivede tutti i baci tagliati dalla censura e rimontati solo per lui da Alfredo.
Non dico che avessi le lacrime agli occhi come lui, ma emozionato lo ero davvero, e anche impegnato nella ricerca di sensazioni vissute da bambino e legate a quell’incredibile scudetto che vorrei essermi goduto di più.