Se Galliani pretendesse da me le scuse per quello che ho urlato dopo il gol di Mutu, avrebbe ragione e gliele farei.
Premesso che non ho offeso nessuno, ma solo usato un linguaggio deontologicamente poco consono al mestiere di radiocronista, oggettivamente ho esagerato.
Allo stesso tempo, con molta incoerenza (lo riconosco), ripeterei le stesse cose se ci fosse una situazione simile.
Perché sono tre mesi che andiamo avanti con questo senso di ineluttabilità di fronte alla situazione Champions.
Sembra cioè che sia impossibile che una tra Inter, Juve e Milan non debba partecipare ed incassare.
Tra l’altro, come ho già scritto, delle tre il Milan è quella che personalmente mi rimane meno indigesta, non fosse altro che per le straordinarie dimostrazioni di calcio offerte a livello europeo e mondiale negli ultimi vent’anni.
Ma sentirsi nel ruolo di agnello sacrificale del calcio italiano non piace a nessuno, neanche al sottoscritto, che dopo trent’anni di radio credeva di essere più impermeabile di fronte alle alterne vicende del pallone.
Si vede che le 51 partite raccontate in otto mesi pesano pure per me.