Confesso che mi faceva un po’ fatica pensare di condurre il faccia a faccia con Corvino.
Sono fatto strano, c’era qualcosa che mi sfuggiva, qualcosa che da quasi due anni e non riuscivo ad afferrare e che mi rendeva difficoltoso il dialogo con il più bravo direttore sportivo che abbia mai conosciuto a Firenze.
Avrei volentieri lasciato microfono e palcoscenico a Ceccarini se non fossero intervenuti fattori esterni che non è qui il caso di spiegare.
Mi era dato un accenno di spiegazione, che però non era sufficiente: a me resta enormemente sulle scatole il mercato, non sopporto quel continuo mulinare di voci e balle che alimenta le giornate estive e quindi non mi andava di sentirmi non rispondere alle domande che in tanti mi rivolgono come se noi giornalisti sapessimo davvero le segrete cose (attenzione in questo campo ai millantatori, a quelli che “me lo ha detto …”).
Però, ripeto, sentivo che non era solo quello,che c’era dell’altro.
Quello che c’era l’ho capito solo alla fine di 90 minuti estremamente piacevoli, che mi hanno tornare la voglia di riavere Corvino al più presto in studio.
Pantaleo è permaloso come me, siamo uguali in questo.
Avevo già accennato all’argomento qualche mese fa, ma adesso ne ho la piena percezione; bravissimo, straordinariamente preparato, furbo, ma permaloso.
Lo ha in pratica ammesso lui stesso quando ha detto che sulla permalosità i giornalisti ed i direttori sportivi si equivalgono.
Ed è stato bello potersi specchiare in qualcuno che ha il tuo stesso difetto, che nasce probabilmente dalla stessa condizione di essere partiti da sotto zero.
Poi lui è arrivato dove è arrivato, mentre io sono solo qua, ben felice comunque di esserci.
Alla fine ero veramente soddisfatto, perché era scomparasa quella patina di diffidenza che c’era sempre stata tra noi, anche se non cambierà niente nei nostri rapporti professionali: lui agirà da direttore sportivo e io giudicherò da giornalista.
Ovviamente la mia condizione è molto più semplice della sua, ma almeno un vantaggio me lo vorrete concedere…