Continuiamo pure a raccontarci la balla che la politica non dovrebbe entrare nello sport.
Non dovrebbe, ma si infila sempre, perché lo sport, ed il calcio in particolare, sono il più straordinario veicolo pubblicitario dei nostri tempi.
Per spiegare la mostruosità del contratto da 248 milioni di Euro alla Juve in due anni serve un passo indietro.
Tutto nasce nel marzo 1999, quando il Governo D’Alema decise di abolire la vendita collettiva degli stessi diritti perché temeva che Tele Più fosse troppo vicina a Berlusconi e che quindi esercitasse un vero e proprio monopolio sul criptato.
Il governo D’Alema, non Berlusconi.
Venne quindi creato con l’appoggio della sinistra quel grandioso bluff di Stream a cui parteciparono quattro squadre: Fiorentina, Parma, Lazio e Roma.
Una fallita, un’altra pure se non ci fosse andata di mezzo la Parmalat, e le due romane salvate per svariati e penosi motivi.
Insomma, quella che si dice un’impresa con soci solidi…
Con uno straordinario caso di miopia politica, non si prese assolutamente in considerazione il fatto che la sperequazione di trattamento tra le grandi e le altre avrebbe creato una voragine tale da inghiottire in tempi rapidi tutto il sistema calcio.
Già, ma all’epoca si parlava di sette sorelle…
E’ bene ricordarsele queste cose oggi, quando tutti gridano allo scandalo e nessuno sa bene cosa fare.
Diciamocelo chiaramente: stavolta Berlusconi non si è costruito leggi ad personam, gli hanno semplicemente servito tutto su un piatto d’argento.
E mentre Alleanza Nazionale prepara un disegno di legge per tornare alla contrattazione collettiva (ma quando? Visto che ci sono contratti in essere fino al 2009), i diessini nicchiano, sempre per la paura che il più forte (forse Mediaset più di Sky) si prenda tutto.
Intanto il calcio va a rotoli, fra una guerra a Galliani ed un’assoluzione di Giraudo e Agricola.