E’ andata così: vado in Fiorentina per un’intervista concordata con Gianluca Baiesi, responsabile marketing che cerca di portare nuovi capitali alle casse sociali viola, e arrivo in contemporanea con un terzetto d’eccezione: Mencucci-Pradé-Macia.
Battute, sfottò e poi il vecchio istinto da cronista da marciapiede: scusate, ma perché non facciamo una bella intervista qui, on the road, come dicono quelli che sanno l’inglese?
I tre secondi di silenzio sono bastati per far tirare fuori a Zoccolini l’attrezzatura (ebbene sì, da tre anni ho un badante, dopo che nel 2009 bucai una bella chiacchierata con Prandelli per una delle mie sciagurate negligenze tecniche…) e abbiamo cominciato, improvvisando su tutta la linea perché ovviamente non mi ero preparato niente.
Ve lo confesso: quando sono ripartito dalla sede ero profondamente soddisfatto, non per l’intervista, che poteva venire meglio o peggio, ma per essere tornato a respirare anche solo per un pomeriggio quell’aria di semplicità che ha accompagnato fin dal 1978 i miei viaggi allo stadio.
So bene che oggi non è più possibile, che esiste una proliferazione di testate tale da rendere complicato qualsiasi approccio con i protagonisti, che ogni medio calciatore fattura come un’azienda abbastanza importante, ma che bella la semplicità di una volta: arrivavi, chiedevi, se a quello gli andava portavi a casa l’intervista, altrimenti ciccia.
Ieri è andata…