Domani salirò in macchina, inserirò il comodo navigatore (sulle strade sono una catastrofe) e partirò per Udine insieme a due giovani “discepoli”.
Venticinque anni fa mi trovai alle due di notte alla stazione con Rinaldo (il boss) e un altro amico per prendere il treno per Bologna, poi Venezia ed infine Udine, dove arrivammo alle dieci del mattino.
Le coincidenze successive ci avrebbero condotto allo stadio alle 12.30, un po’ tardi per me.
Sapete com’è: ero un po’ paranoico con la puntualità e gli orari. Dopo sono peggiorato.
Fuori il termometro segnava meno quindici gradi, un freddo secco che ti entrava nelle ossa.
Quando ritirai l’accredito mi fecero una domanda decisiva per il mio futuro: “avete anche chiesto il telefono per la radiocronaca?”.
Ma quale telefono, che ce ne fregava a noi della radiocronaca.
Noi andavamo lì solo per le interviste del dopopartita e poi chi volevi che stesse a sentire una radiocronaca su Radio Blu?
Il problema fu che nel campionato successivo mi ricordai di quella domanda e da lì iniziò l’avventura, ma questa è un’altra storia.
Dunque, meno quindici gradi e almeno tremila viola al “Friuli” inciucchiti dal freddo e dai tanti grappini che gli ospitali padroni di casa offrivano senza soste.
Non mi ricordo mai se segnò prima Graziani e poi Bertoni o viceversa, e non ho neanche voglia di andare a controllare, tanto non importa.
Certo è che fra i due gol realizzò il pareggio Carletto Muraro e che alla fine eravamo matematicamente Campioni d’inverno con due punti di vantaggio sulla Juve.
Al decimo del secondo tempo non ce la facevamo veramente più per il freddo e chiedemmo asilo (concesso) nella cabina riscaldata di Sandro Ciotti, che era la seconda voce (Ameri trasmetteva Napoli-Juve).
Avevo ventuno anni, una fidanzata che odiava il calcio, trecentomila lire in banca, quindici cambiali ancora da pagare per la mia A112 Abarth, nessuna idea su quello che avrei fatto da grande ed ero felice.