Ora però basta con Brocchi.
Sembra sia diventato un incrocio tra la tecnica di Maradona e l’agonismo di Gattuso, la soluzione di tutti i mali.
Quando arrivò alla Fiorentina da semplice riserva del Milan, il mio amico Paolo Beldì cacciò un grido di dolore: “ma cosa lo abbiamo preso a fare? Guarda che quello è come il suo amico Vieri, ci farà impazzire”.
Ho preso in giro Beldì per nove mesi, anche se un paio di uscite extra campo di Brocchi sono state perlomeno curiose.
Ma a me interessava quello che combinava nelle partite e siccome combinava tento, chi se ne importava delle altre vicende.
Alla fine della stagione Brocchi e la società hanno rotto i rapporti.
Secondo la Fiorentina lui è venuto meno alla parola data, pretendendo tre anni di contratto ad un milione netto invece di due a seicentomila.
Se Corvino avesse ceduto, ci sarebbero state ripercussioni a catena e quindi ha fatto bene la società a tenere duro, a non mostrarsi debole.
Poi è arrivato Berlusconi, gli ha sussurrato qualcosa nell’orecchio e Brocchi si è dimenticato di tutto.
Siccome da queste parti non ci siamo mai messi a pregare nessuno (neanche Batistuta o Baggio, figuriamoci Brocchi), a me tutti questi pianti per la sua partenza mi sembrano eccessivi e perfino un po’ offensivi per la nostra intelligenza.