Giugno 2013


Ecco profilarsi all’orizzonte il ritorno di quelli che non avremmo più voluto vedere.
Il primo è Vargas, che guadagna più di Borja Valero e che qualunque società con un po’ di sale in zucca si guarda bene di avere tra i propri giocatori.
Poi c’è Felipe, l’uomo che ha spalancato con i suoi errori la porta della qualificazione Champions al Milan e il cui contratto è come la novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce mai.
E ancora Cassani, che da quando è andato via da Palermo è come un pulcino nella stoppa.
E meno male che con molta previdenza abbiamo obbligato il Genoa al riscatto di Olivera, sennò tornava pure lui.
De Silvestri e Lazzari quasi certamente li tengono, mentre da Cerci ci guadagneremo, ma il fardello dei temutissimi rientri alla base resta.
Dove la mettiamo tanta grazia calcistica?
Quanto pesano i loro stipendi nel monte ingaggi della Fiorentina?
Urge giocata geniale della coppia Pradé-Macia, qualcosa a metà strada tra gli ottimi rapporti calcistici intessuti da anni e la circonvenzione di incapace.

Io resto convinto che Mario Gomez non verrà alla Fiorentina, lo penso perchè faccio due conti e mi pare un’operazione non in linea con i parametri viola.
Bernardo Brovarone la vede in modo diametralmente opposto e lo dice a Radio Blu, dopo aver scritto su Facebook che il giocatore era a Firenze per sostenere le visite mediche, cosa che mi pare si sia dimostrata non esatta.
Su questa vicenda si è scatenata una piccola tempesta mediatica che ha confuso tutto immergendoci in una sorta di brodo primordiale con gridi e strepiti e mi pare quindi giunto il momento di fare un po’ di chiarezza.
Bernardo su FB (che detesto, ma questo è un altro discorso) ha un dialogo privato con chi interagisce con lui e Radio Blu non c’entra niente.
Allo stesso tempo lui è libero come tutti gli opinionisti di dire ciò che vuole e noi di ribattere sulle sue idee, questa si chiama democrazia.
Esiste una linea editoriale di Radio Blu, che è quella che do io in qualità di direttore, ed esistono altri pensieri che hanno la stessa identica dignità, ma che se espressi da chi fa parte della redazione vanno specificati come opinioni personali.
Infine la notizia di Gomez: se verrà a Firenze, avrà avuto ragione Bernardo.
Se non lo farà, avrà sbagliato previsione, e magari si fiderà meno di chi gli ha passato la notizia, ma poi ci si ferma qui.
Perché di bischerate dette e scritte sono strapieni giornali, radio e siti internet.
Giusto un anno fa un mio caro amico mi dette per certo l’arrivo di Lodi, io feci sparare la notizia dai perplessi uomini di mercato di Blu salvo poi cospargermi il capo di genere quando Lodi è rimasto a Catania.
Ma il mondo è andato avanti lo stesso, cosa che accadrà anche con Gomez a Firenze, Monaco o Londra, e Bernardo continuerà a dire quello che gli pare, su FB, a Blu e in televisione.

Via, un po’ di sforzo da entrambe le parti per evitare che si arrivi ad uno scontro che sarebbe veramente triste per chiunque ami la Fiorentina.
Manuel Pasqual merita un contratto biennale, che lo porterebbe a giocare undici stagioni in maglia viola e salire quindi molto in alto tra i grandissimi.
Se lo merita prima di tutto per quello che sta dimostrando di valere in campo, e poi anche per il comportamento esemplare tenuto fuori.
Nel 2016 Pasqual avrà l’attuale età di Pizarro e non si capisce dovrebbe scoppiare atleticamenge e non essere più all’altezza.
Faccia uno sforzo economico anche lui e si vada ad officiare il prolungamento di un matrimonio che è stato tra le cose migliori dell’era Della Valle.

Dunque il ragazzino ci sta prendendo per i fondelli.
“Ho altre offerte, ma anche un contratto con la Fiorentina che intendo rispettare”, ha detto.
Grazie signor Ljajic in Ramadani, qui siamo tutti riportati dalla piena e quindi quasi quasi, commossi dal suo attaccamento alla maglia e alla causa viola, proponiamo per lei il ruolo di vice capitano.
Il fatto che poi, al termine del contratto onorato, se ne possa andare a parametro zero è un dettaglio insignificante, noi restiamo profondamente colpiti dalle sue parole, certamente dettate da uno spirito generoso come pochi.
Mi sto interrogando in questi giorni se non abbia sbagliato nel 2011 a schierarmi decisamente perché Montolivo giocasse, pur sapendo che ci stava prendendo in giro perché certamente sarebbe andato al Milan, liberandosi a parametro zero e creando così un danno alla Fiorentina.
Al netto di tutto il casino mediatico creato da chi guidava la corte dei miracoli fiorentina montoliviana e ha cercato di coinvolgermi (riunioni carbonare di tifosi, interventi accorati in radio, mirabolanti promesse di rivelazioni su torti avuti di cui alla fine dei giochi non si è saputo più niente), resto convinto che in quel momento quella fosse la decisione più giusta.
Sofferta, ma inevitabile e provo a spiegare il perché.
Partiamo dalla statura del giocatore.
Montolivo non è Ljajic, dentro e fuori dal campo.
Per sei anni Montolivo è stato un giocatore molto importante per la Fiorentina: mai un atteggiamento fuori posto (neanche nell’ultima stagione a dire il vero); un esempio direi, al di là delle considerazioni sulle sue prestazioni che ad alcuni sono piaciute di più, al altri meno.
Ljajic, che è arrivato a Firenze più o meno all’età dell’ex capitano viola, ha alle spalle due campionati disastrosi, un girone di andata poco più che incoraggiante e uno di ritorno scintillante, che è poi l’ultima cosa che ci rimane negli occhi.
Sul suo fuori campo è meglio stendere un velo pietoso, pur avendo notato nell’ultima stagione un vistoso miglioramento.
Poi c’è il momento della Fiorentina: nel 2011 eravamo in mezzo al processo di disintegrazione societaria, tecnica, stavamo assistendo impauriti ed impotenti alla desertificazione del Franchi, affogavamo nella crisi post addio di Prandelli.
Potevamo permetterci di rinunciare a Montolivo e rimanere intrappolati in mezzo ai Kharja, Olivera, Vargas e tutto il bruttaio che ci avevano propinato?
Stavolta il contesto è completamente diverso: la società è finalmente organizzata secondo una base logica di ripartizione di poteri e responsabilità, lo spogliatoio è sano, Montella una prospettiva di allenatore tra i migliori in Europa.
Ecco perché se non firma anche noi saremmo ben felici di rispettare il contratto con il signor Ljiajic in Ramadani: gli paghiamo ogni mese lo stipendio e come bonus gli diamo pure una tessera omaggio per la tribuna autorità, proprio sopra Andrea Della Valle.

..e lotto insieme a voi.
Cronaca di una serata molto particolare per me, perché ero davvero molto impaurito dall’idea di farmi male.
Intanto il contesto: molto affetto, chi è venuto (e non erano pochi) lo ha fatto pensando solo a Mario ed era questa la cosa che contava.
E ora l’impietosa analisi personale.
Nello spogliatoio mi approprio per diritto divino della maglia numero dieci, nonché della fatidica fascia da capitano e comincio il riscaldamento con Cosimo che mi corre accanto, immagine che vale da sola per me il prezzo del biglietto.
Poi riprovo dopo tre anni a toccare il pallone, obbligando il povero Bigiotti ad una fitta rete di passaggi corti, una cosa sfinente e sono certo che lui si sarà chiesto: “ma quando la smette?”, solo che per deferenza non osava dirmelo.
Il fatto è che avevo paura di tirare: e se poi sento qualcosa alla gamba sinistra che tante soddisfazioni ha dato alle squadre dove ho giocato?
Infatti, faccio due tiri e basta senza forzare, costringo Saverio a toglere Vinciguerra dalla formazione titolare e mettere Zoccolini al suo posto per una questione di appartenenza a Radio Blu ed entriamo in campo.
Battiamo noi e sono tesissimo, Brovarone mi è accanto e sorride: “bisognerebbe farne altre di partite come queste”.
Risposta: “intanto vediamo se sopravvivo”.
Tocco i primi due palloni e mi tiro su: non ho disimparato a giocare, il fiato c’è (anzi, molto meglio di quando facevo finta di allenarmi o per settimane non facevo una mazza) e l’azione la vedo ancora.
Prendo addirittura due palloni di testa a centrocampo, roba che pareggia un intero campionato di quando ero alla Sanger o al Doccia, poi esagero perché vado a propormi un po’ troppo spesso con il portatore di palla.
Alla terza volta, complice una mia incertezza, ripartono in contropiede e pareggiano, però avevo dato il mio onesto contributo all’azione del vantaggio siglato da Zoccolini.
Giochicchio ancora con un certo acume, perdo l’attimo buono per rubare il pallone che mi avrebbe portato al tiro e al gol certo (nei miei sogni post gara…), mi incazzo con l’arbitro per un fallo contro fischiato che non c’era assolutamente (recupero alla Dunga…) e vengo sostituito tra la sorpresa generale.
Commento a caldo di Sardelli: “se non c’era Pestuggia in panchina o non uscivi o lo mandavi a quel paese”.
Vero, forse.
Intanto c’è una new entry nei miei malanni fisici: niente schiena o ginocchio sinistro, ma qualcosa alla coscia destra che dà fastidio e che dopo due minuti della seconda partita induce un uomo maturo tendente ai 53 anni alla decisione che la famiglia attendeva come una liberazione.
Esco quindi dal campo tra l’indifferenza generale e mi avvio verso la doccia facendomi un rapido check-up: non solo sono vivo, ma forse non ho compromesso i miei prossimi giorni quando dovrei deambulare senza grosse difficoltà…

S

Non gioco una partita di calcio da tre anni.
L’ultima volta andò più o meno così: non avevo più le scarpe perché Letizia, visibilmente scocciata dal mio ennessimo infortunio di qualche settimana prima, da un paio di mesi le aveva fatte sparire dal casino di casa Guetta.
Stranamente non si trovavano più, ma sono certo che fossero state buttate via.
Il prode Luis Laserpe me ne fornì un paio di contrabbando con cui andai a giocare la partita degli sponsor viola al Franchi, una giornata memorabile che si concluse con un autentico trionfo.
Segnai infatti il gol decisivo davanti alla Fiesole ovviamente e desolatamente deserta, ritirai da Sandro Mencucci come capitano della squadra vincente un’enorme Coppa, che portai orgogliosamente a casa per una notte.
Mi sentivo un po’ come l’uomo primitivo che cattura il cibo per la prole, conscio quindi di aver fatto il mio dovere di maschio.
Venni assolutamente ignorato dalle donne di casa Guetta schierate davanti al televisore e sostanzialmente pure dal treenne Cosimo, per niente intressato al trofeo.
Incurante di così poca attenzione davanti ad un’impresa storica, che sinceramente mi pareva confrontabile con i 19.72 di Mennea del 1979, andai a letto felice e contento salvo svegliarmi la mattina dopo con un fastidioso mal di schiena, che col passare delle ore e dei giorni si trasformò quasi in una malattia invalidante.
Venni quindi nuovamente ignorato dai familiari più stretti, con l’aggravante di occhiate significative di moglie e figlie, atteggiamenti inequivocabili che racchiudevano un misto di commiserazione e disprezzo verso un povero grullo ormai quasi cinquantenne che voleva ancora fare il ragazzo.
Nonostante tutto questo, stasera torno a giocare per Mario Ciuffi.
Lo facciamo noi di Radio Blu, insieme ai viola club Pignone-Fantechi e a una rappresentativa del Comune di Scandicci, ci sfidiamo alle 21 al Turri di Scandicci con ingresso libero e offerte destinate alla signora Renza (il Comitato Amici di Mario Ciuffi non c’entra niente, come più volte specificato).
La nostra formazione è assolutamente in alto mare e stenderò un velo pietoso sulle ultime defezioni, alcuni sarebbero stati frustrati da Mario con un po’ di vasellina, mentre in panchina si accomoderà Pestuggia, che potrà sostituirmi come e quando vuole.
Anzi, mi sa che mi sostituisco da solo perché ho già qualche dolorino alla schiena e al ginocchio sinistro, ma potrebbero essere cose psicosomatiche, da ansia da prestazione.
Vi aspetto stasera!

P.S. Aggiornamento da casa Guetta all’ora di pranzo.
Letizia: “Si ti fai male, propongo il colpo di pistola direttamente sul campo, come per i cavalli che si azzoppano”.
Valentina: “Tanto ti fai male”.
Camilla: “Non venire a dirmi che ti sei fatto male perché mi metto a ridere. Lo capisci o no che hai 52 anni”
Incoraggiante, direi.

L’uomo è di ottimo spessore morale, il giocatore è certamente agli ultimi giri di pista di una splendida carriera, ma sinceramente non vedo grandi controindicazioni sull’eventuale arrivo per un anno in viola di Ambrosini.
Sembrerà strano, ma le perplessità maggiori credo le abbia il mio amico Moreno Roggi, che per un fatto di cuore è sempre stato molto prudente (a volte pure troppo) quando si è trattato di intrecciare il suo lavoro con la società che ama da sempre.
Non sottovaluterei neanche la sete di rivincita che accompagnererà il suo addio al Milan, che non ha più creduto in lui, scaricando l’ultimo senatore di stagioni per loro fantastiche.
Si giocherà molto si spera da agosto in poi e si giocherà pure in Europa, dove il nome di Ambrosini è ancora uno dei più spendibili in termini di prestigio e carisma.
Credo che la Fiorentina ci stia seriamente pensando.

Se il Movimento 5 Stelle è il nuovo che avanza, siamo messi parecchio male.
Non ti sta bene quello che faccio?
Critichi le mie scelte?
Fuori dalle palle (scusate il francesismo, ma il livello del linguaggio è quello).
Comincia la diaspora, peraltro ampiamente prevista, nemmeno cento giorni dopo l’insediamento in Parlamento, un avvitamento su se stessi che resterà nella storia della nostra disastrata Repubblica per velocità e dimensioni.
Tutto basato sulla rete, dalle quirinarie alla scelta dei candidati che dovrebbero portarci fuori dalla melma, legiferando e difendendo i nostri diritti: ma su 60 milioni di italiani che in democrazia contano tutti allo stesso modo, in quanti davvero si esprimono via internet?
Non affannatevi amici grillini nelle vostre piccate repliche perché conosco già la retorica domanda: e gli altri?
Gli altri fanno spesso schifo, e bisognerebbe cogliere fior da fiore per cercare di avere un minimo comune denominatore onesto e capace che ci porti fuori da tutto questo, ma almeno per ora tutto questo si può dire liberamente e provare a sperare di cambiare.
Se invece sarete voi o i vostri guru a decidere per tutti, non sono mica tanto sicuro di poter disporre ancora di questo diritto.

Gioco delle figurine: Mario Gomez è sicuro di prendere 10 milioni netti nei prossimi due anni e decide di tagliarsi lo stipendio del 40% per venire a Firenze, dove non giocherà la Champions che ha appena vinto.
Dice: sì, però gli fanno un quinquiennale e alla fine della fiera di milioni ne prenderà 15.
Risposta: nel 2015 Gomez si libererà a parametro zero e, sempre ammesso che non rinnovi prima col Bayern o altro club equipollente, pensate che sia così difficile trovare chi gli darà i soliti 3 milioni (almeno) netti a stagione per il triennio successivo?
I milioni che si porterebbe a casa diventano così 19, quattro in più della possibile offerta viola, che sarebbe comunque straordinaria per i parametri della Fiorentina.
E’ vero che nel calcio come nella vita ci sta tutto, ma a le basi su cui si fondano le speranze di vedere questo grande giocatore a Firenze mi sembrano un po’ fragili.
Il gioco di Montella?
La bellezza della città?
I panini dello Scheggi?
La possibilità di conoscere la redazione di Radio Blu?
Se poi succede, propongo la standing ovation per i Della Valle, Pradè e Macia ed una punizione esemplare per il sottoscritto: rifare in tedesco la radiocronaca dei più bei gol di Gomez col Bayern.

L’idea (ottima) non è mia, ma di Enea, uno dei tanti amici che frequenta questo blog, e testimonia che il livello di sopportazione del popolo viola nei confronti di Jovetic ha superato da tempo il livello di guardia.
La proposta di Enea che rilancerò oggi in radio è la seguente: donare alla Fondazione Borgonovo un euro per ogni milione incassato dalla Fiorentina per la cessione dell’ingrato montenegrino, che ha maldestramente provato a fare abbassare il prezzo con la non autorizzata intervista alla Gazzetta (strano, perché di solito i giocatori sono attentissimi a non sgarrare, e fanno chiamare l’ufficio stampa anche quando devono dire grazie per un premio. Si vede che la multa non è un problema per il Ramadani’s team).
Una proposta intelligente e di grande sensibilità, che personalmente triplico, sperando di poter fare al più presto il bonifico di 90 euro per aiutare Stefano e tutte le persone travolte con le loro famiglie dalla “stronza”.

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