Vanno trovate le parole giuste, i toni giusti e non è facile.
Passata l’emotività dei primi momenti è come se ci rendessimo conto con la sua assenza di cosa sia veramente successo, e sarà così soprattutto domenica, prima, durante e dopo la partita.
Mi hanno colpito le manifestazioni di affetto degli altri tifosi, soprattutto degli juventini: esiste una parte sana nel calcio, ed è la maggioranza, in cui l’altro è l’avversario e mai il nemico da abbattere.
Speriamo serva per il futuro.
Ho pensato fin da domenica che questa tragedia sia come il fallimento del 2002, che fu poi in chiave calcistica, quindi per questo molto meno grave, la riedizione dell’alluvione del 1966, che sia insomma qualcosa che unisca tutti, indistintamente.
Era questo il pensiero di Davide Astori, uno che si batteva da dentro lo spogliatoio, in campo e davanti a telecamere e taccuini perché la Fiorentina ripartisse e trovasse slancio tra la propria gente.
Non è retorica pensare che gli piacerebbe moltissimo un nuovo rinascimento viola, a cui lui insieme ai grandi del passato, compreso Mario Ciuffi, darà la sua benedizione dall’altra parte del cielo, sempre sperando che da quelle parti qualcosa esista veramente.