Valentina, Camilla e Cosimo hanno cose che non mi sarei neanche immaginato di possedere e non si tratta di tecnologia avanzata, solo di possibilità economiche.
Non ero povero, stavo nella media, ma pedalavo moltissimo per guadagnarmi prima il Morini 125 e poi l’A112, pagata con 36 cambiali che firmai grazie all’immotivata fiducia del concessionario (non volle nemmeno la firma di avallo di qualcuno, oggi mi riderebbero in faccia, visto che non avevo alcun reddito sicuro).
I miei figli fanno vacanze strepitose in Italia e all’estero, io andavo in tenda a Torre del Lago e mi sembrò di entrare in paradiso quando il mio amico Maurizio Passanti grazie alla martellante pressione di sua mamma riuscì a convincere l’Hotel Turismo di Viareggio (due stelle, col bagno fuori dalla stanza dove stavamo in quattro) ad ospitarci a prezzi vergognosi.
Avevo però rispetto a Valentina, Camilla e Cosimo un vantaggio inestimabile: pensavo che tutto fosse possibile, perfino fare il giornalista, anche se tutti dicevano che non c’era niente da fare se non mi iscrivevo ad un partito e non avevo parenti ricchi, importanti e a loro volta giornalisti.
Vivevo alla giornata, ma progettavo il domani con serenità, non mi sentivo assediato dall’idea che da lì a poco sarebbe finito tutto, che non ci fosse speranza per le mie speranze.
Da un po’ di tempo ho la sgradevole impressione che i miei figli possano vivere come in un fortino, loro come milioni di giovani: ci sono quelli fortunati che posseggono cose (molte cose) e che hanno solo paura di perderle, e ci sono quelli incazzati neri che quelle cose le sognano, le invidiano e pensano alla strada più breve per strapparle.
Spero di sbagliarmi, ma mi pare sia sparita la coesione sociale e anche la possibilità di scalare onestamente e con la fatica quotidiana le posizioni perché “tanto domani sarà peggio di oggi”.
Questa privazione dell’ottimismo è per me il danno peggiore che lasceranno gli anni veramente pesanti che stiamo vivendo.