Avevo un’immagine lontana nel tempo di Gil De Ponti, datata 1975.
Ero in classe con Giampaolo Panichi, grande capitano della Rufina (riuscì pure a farmi provare, ma mi scartarono, giustamente), che lo conosceva per motivi calcistici e quando esordì in serie A col Cesena sembrò quasi che per interposta persona giocasse tutta la seconda L del glorioso Duca D’Aosta.
Trentotto anni dopo lo ritrovo all’aeroporto di Cluji felicemente mischiato con gli altri tifosi del Viola Club Lippi e la scoperta merita qualche riga.
Nel cazzeggio pre partenza siamo in un gruppetto di persone e lui, chiacchierando del più e del meno, dice di aver giocato in terza categoria.
Con un pizzico d’orgoglio gli dico che ho fatto la seconda nel Doccia e che comunque un po’ è vero, “essere andati in campo aiuta a capire il calcio”.
Quando mi spiegano chi è, mi si apre un mondo e sono perfino contento di essere stato preso per i fondelli, ovviamente non me lo faccio scappare e ieri sera me lo sono gustato nel Pentasport.
Sapevo molte cose di lui come calciatore, pochissimo come conquistatore di donne (Gloria Guida, Serena Grandi e Carmen Villani, più una ex di Guccini per me valgono quasi il pallone d’oro), e ancora meno sulla sua voglia di Firenze, sulle sue radici.
Pur girando il mondo in lungo e largo è come se non si fosse mai mosso da Rifredi, dal Lippi e ieri sera dopo la trasmissione andava a vedere giocare la squadra di calcio a sette, quasi in incognito.
Va in trasferta come un tifoso qualunque e ha una dolcezza di fondo che solo la malattia ha un po’ indurito, ma è davvero un gran personaggio che per due ore mi ha fatto sentire l’odore tanto rimpianto dell’olio canforato.