Per tanti anni l’ho temuta, lei così aggressiva, così in prima linea, così giusta in un mestiere maschilista per vocazione.
C’è un episodio che spiega questo sentimento meglio di ogni altra cosa: Madrid, settembre 1989, tutti i giornalisti in giro per la città ed io angosciato come sempre per il telefono per la radiocronaca.
Il mio va bane, la sua linea invece ha dei problemi, ma lei non lo sa e io risolvo la situazione e poi sono quasi intimidito nel dirglielo.
Poi, dal 1992, quando mi è capitato di lavorare con lei, le ho voluto bene, con molto pudore (perché tra giornalisti queste cose è bene non dirsele) e sono sicuro che anche lei me ne voleva.
Manuela ha vissuto da spettatrice le mie evoluzioni sentimentali, mi ha spronato a non perdere mai il sogno di diventare “solo” un giornalista, mi prendeva in giro per la mia debolezza con la Fiorentina per via dei diritti radiofonici.
Era una donna unica, che non voleva mai parlare della sua malattia e guai a chi provava a compatirla.
Solo un mese fa parlava ancora in radio e in televisione e nella sua ultima uscita diceva, dal suo letto di ospedale, di stare su col morale, di tornare a sorridere anche se era andato via Prandelli.
Eccezionale nella grinta e nella coerenza, sempre in buona fede, anche quando sbagliava.
Mi mancherà molto e sono convinto che mancherà anche a chi non la pensava come lei.
Ciao Manu, ti dobbiamo tutti tanto.