Mi trovo in una fase della vita in cui spesso pubblicamente raccolgo più di quanto semini ed avendo pedalato per decenni a testa bassa provo pure un leggero imbarazzo.

Ultimo esempio, il Tribute Band splendidamente organizzato venerdì sera da Paolo Boccia, che sul palco insieme a Giorgia Palmas mi saluta e invita le migliaia di spettatori presenti a tributarmi un inaspettato applauso che mi regala orgoglio e soddisfazione.

Ma non avevo fatto niente, se non essere lì!

E allora ancora una volta mi è venuto da pensare a come sarebbe stata la mia vita senza la Fiorentina, amore puro dell’infanzia e dell’adolescenza, poi diventato strumento di lavoro.

Devo moltissimo a lei: mi ha regalato una fama che non saprei dire quanto meritata e che spero senza falsa modestia di meritare con la mia disponibilità e negli incontri quotidiani con sconosciuti che mi salutano e mi chiedono della viola.

La mia massima aspirazione negli anni duri e lunghi delle porte sbattute in faccia era essere assunto a La Nazione e scrivere di qualsiasi cosa, altro che popolarità. Mi bastava la firma, traguardo per me fantastico, tanto che il grande Sandro Picchi, che mi ebbe come borsista proprio a La Nazione, disse che avrei firmato anche le lettere anonime e non è che avesse torto…

Sarei un bugiardo se dicessi che tutto questo non mi fa piacere, ma ho sempre avuto ben chiaro in testa che è qualcosa che può finire da un momento all’altro.

La chiamo “sindrome da Pippo Baudo”, nel senso che bisogna essere ben preparati a quando le luci della ribalta si spengono o non si è più in grado di andare in onda, altrimenti si entra in depressione.

E comunque, davvero: grazie Fiorentina.