Ho sempre avuto una grande ammirazione per chi è consapevole dei propri limiti e non esagera nell’autostima, ancora di più verso chi ha saputo staccare al momento giusto, magari proprio quando era al massimo e non gradiva scendere solo per raccattare altro denaro.
Spiace dirlo perché è la quintessenza della juventinità, ma Michel Platini che nel maggio 1987 finisce l’ultima di campionato contro l’Atalanta e a 32 anni consegna le scarpe al magazziniere per me perché non si sente più quello di un tempo è un esempio di come si debbano gestire le cose.
E andiamo sul personale.
Tra meno di due settimane compio 56 anni, 36 dei quali passati a seguire la Fiorentina ovunque: come ho detto e scritto più volte sono stato molto fortunato, anche se magari ci ho messo del mio in tenacia, grinta e qualche intuizione.
Ho ancora tantissima voglia di radio e di raccontare le partite, ma, appunto, devo capire i miei limiti e ricordarmi che non sono eterno e che le mie giornate da oltre trent’anni scorrono freneticamente.
Per questo nell’attuale stagione salterò alcune trasferte, soprattutto in Europa.
Se non mi fidassi dei miei ragazzi e in particolare dell’accoppiata Sardelli-Loreto, non l’avrei fatto e invece mi sento assolutamente al sicuro.
Perché alla fine è proprio vero che tutti siamo utili, ma nessuno è indispensabile…