Aspettate a chiamare la neurodeliri: il noi è riferito alla mia generazione, che dovrebbe aver preso il bastone del comando da almeno una decina d’anni.
Cosa stiamo facendo e cosa lasceremo ai nostri figli?
Non sopporto chi non si prende mai le proprie responsabilità, chi pensa sia sempre colpa degli altri se le cose non vanno come dovrebbero.
Ergo: proprio non mi piace che si dica che dovevano pensarci quelli che c’erano prima a lasciarci di noi un mondo migliore, per ancora un po’ tocca a noi e quindi vediamo di darci da fare.
Un punto a nostro sfavore è che la famosa parità maschio-femmina è ben lontana dall’essere raggiunta: nel 2015 era da augurarsi che ci fossero molte più donne nei posti chiave.
Magari mi sbaglio, ma resto convinto che la conflittualità diminuirebbe sensibilmente, spesso ci frega il testosterone e la voglia di far vedere quanto siamo bravi e grossi.
Col tempo ho maturato due pensieri guida, diciamo pure, allargandosi, che ho sviluppato una sorta di etica morale che dovrebbe accompagnare le nostre azioni e la nostra vita interiore.
Il primo è non fare mai agli altri ciò che non vorresti venisse fatto a te.
Facile a dirsi, vero?
Molto più difficile ad applicarsi, e basterebbe banalmente pensare ai piaceri della carne: chi è capace di fermarsi immaginando a quello che potrebbe accadere se fosse lui/lei ad aspettare ignaro/a a casa?
Il secondo è ancora più importante e riguarda i nostri figli (per chi ne ha).
Si tratta di avere una dirittura morale che vorremmo vedere in loro quando saranno grandi, comportarsi cioè come vorremmo che i nostri figli si comportassero.
Ci sarebbe anche la capacità di ascoltare e accogliere chi ci sta accanto, ma questo è un fatto estremamente soggettivo e di compatibilità tra esseri umani.
Io non sono affatto pessimista, qualcosa di interessante si può ancora costruire prima di passare la mano e non è che abbiamo sprecato il tempo: ci stiamo impegnando e siamo (chi più, chi meno) persone serie, alla fine qualcosa di buono verrà fuori.