Non ho mai partecipato ad un minuto di raccoglimento in cui sarò così coinvolto come quello di Atene giovedì sera (se ci sarà) e quello di domenica prossima al Franchi.
Ho però avvertito un fastidio sempre più crescente davanti agli applausi, che sembrano essere diventati quasi un obbligo in queste tristi circostanze o anche, per restare nel privato, alla conclusione di una cerimonia funebre.
Non capisco e non voglio adeguarmi.
Il minuto di silenzio deve essere raccoglimento puro, un viaggio dentro la propria anima per riflettere sulla persona scomparsa o, se non siamo coinvolti, su noi, sulla nostra fragilità di uomini di passaggio su questa terra.
L’applauso è fuori luogo, quasi un’ostentazione ed io vorrei che per Manuela Prandelli, per Cesare e per i suoi figli non ci fosse il battere le mani, almeno durante il minuto.
Vorrei che in quel silenzio irreale di 40mila persone ci fosse tutto l’affetto che sento, che sentiamo verso un uomo semplice, ma forte, spero forte abbastanza.
Poi, se qualcuno vuole, applauda pure, ma alla fine, quasi a scaricare la tensione.