Nel mio piccolo ho partecipato alle fortune di casa Biagi comprando non meno di una dozzina di suoi libri.
Trovavo affascinante la sua scrittura, sembrava di essere lì con lui mentre intervistava Fidel Castro o Buscetta ed i suoi aforismi erano per me fulminanti.
Non mi sembrava invece così entusiasmante in televisione, dove la presenza scenica ha la sua parte e così pure la tonalità della voce, ma ovviamente questi sono gusti personali e naturalmente sto parlando dell’Olimpo, perché paragonato all’attuale melassa televisiva generalista Enzo Biagi faceva sempre la figura del gigante.
Nel diluvio di ricordi affettuosi, testimonianze uniche e via dicendo piovuteci addosso ieri ho trovato deliziosamente perfido il ritratto di un altro gigante, Eugenio Scalfari, tratteggiato su Repubblica Tv.
Ha detto in pratica Scalfari che Biagi era certamente un grande, ma…
1) non sapeva dirigere un giornale (al contrario ovviamente di Scalfari che per venti anni ha diretto, dopo averla fondata, Repubblica) visto che le sue esperienze a Epoca, Tg1 e Resto del Carlino sono durate pochissimo;
2) aveva una scrittura piana, adatta ad un pubblico più popolare di quello di Repubblica, nel cui corpo redazionale non si era mai inserito completamente, il pubblico adatto era quello del Corriere della Sera (al contrario, ha detto lo stesso Scalfari, della sua scrittura più complessa più consona ad un pubblico più eletto);
3) al di là della cordialità formale nei rapporti, Biagi aveva dei problemi con Montanelli, di cui era geloso e che contava più di lui al Corriere, tanto che a Repubblica scommettevano sull’alternanza dei pezzi tra i due in prima pagina;
4) Biagi era fissato “con la sua fotina” che voleva sopra il suo articolo, e guai se il pezzo non andava nella seconda pagina del giornale, anche se questo causò dei problemi grafici a Repubblica.
Ecco, qui c’è una parte, una parte vera del giornalismo.
Stiamo parlando del massimo dei massimi ed è divertente vedere come l’egocentrismo, la voglia di essere sempre al centro dell’attenzione sia uguale a quella che respiriamo noi nel ring delle nostre arene radiofoniche e televisive.
E’ un mestiere chiaramente da studiare nei manuali di psichiatria, eppure per uno che molla (ma non lo facciamo mai, o quasi mai, e ci sono estensori di pezzetti di cronaca ed interviste sportive che viaggiano sopra l’ottantina…) ce ne sono cinquanta pronti a scrivere o parlare gratis.
Per la cronaca, se non ricordo male, Enzo Biagi se ne andò da Repubblica nel 1996 perché nei fascicoli per celebrare il ventennale del giornale non fu inserito neanche un suo articolo.
E ieri Repubblica.it nel commemorarlo parlava del più “grande giornalista TELEVISIVO”, perché evidentemente sulla carta stampata c’era di meglio…