Io mi ricordo tutto di quei giorni perché è stato un periodo che ha segnato la mia vita almeno per un po’.
Più o meno a quest’ora ero già sveglio ed ero sempre convinto dell’happy end, che non potevano far sparire la Fiorentina, che i soldi li avrebbe trovati, che insomma sarebbero arrivati i nostri.
Telefonate, dirette convulse, rassicurazioni melliflue e schifose dei tirapiedi, una televisione e una radio da portare avanti, la paura che cresceva ogni ora di più.
Sono passati dieci anni, siamo rinati, ma non ci siamo mai completamente ripresi, almeno io.
Nulla è stato più uguale, anche se è vero che ci sono davvero cose più importanti del calcio e penso ad Alberto, Manuela, a chi non c’è più, e anche a Cosimo, arrivato inaspettato e meraviglioso.
Siamo diventati un’altra cosa, o forse sono solo io che ho passato i cinquanta e probabilmente sarebbe stata lo stesso un’altra cosa.
Lo dico, ma non ci credo fino in fondo, perché quel dolore per la scomparsa di una squadra di calcio che si chiamava Fiorentina resterà per sempre dentro di me.