Succede che quei fantastci giovanotti delle “Glorie viola” decidano di fare un regalo a me e Mario Tenerani per aver presentato lo scorso 2 giugno il pomeriggio dedicato ad Andrea.
In verità il regalo avremmo dovuto farlo noi, perché è stata un’emozione incredibile stare lì in mezzo, immersi e beati nel brodo primordiale viola, Roba che verrebbe voglia di andare a Casette d’Ete, prendere dolcemente per un braccio i due fratelli per buttarli in mezzo a emozioni e ricordi che non hanno prezzo.
Comunque sia, arriva Alberto Panizza, gran anfitrione dell’evento con Moreno Roggi, e mi consegna una busta.
Ringrazio educatamente, non resisto e apro: emozione pura, brivido adolescenziale, tuffo nel passato.
E’ una maglia numero 10 uguale identica a quella del primo scudetto, col giglio più “magro”, qualcosa di unico.
La giro e dietro c’è scritto “A David Giancarlo Antognoni”.
Avete presente quando vi rimettete (o nel mio caso vi rimettevate, visto che non sono più di primo pelo…) con la fidanzata dopo un violento litigio?
Dimentichi tutto e ti butti.
Ho pensato nell’ordine: “ma io con questa dopo tre anni torno a giocare a calcio”, poi “la tengo da parte per Cosimo”, e ancora “chissà se il Tenerani si è emozionato come me”, e infine “ma come fu quella volta che giocai con Antognoni allo stadio?”.
Una maglia, un’emozione: il calcio non è solo un fatto di soldi, plusvalenze, cittadelle e sponsor.