La prima volta che aspettai fuori dallo spogliatoio viola che i giocatori si parlassero tra loro “per chiarire le rispettive posizioni e ripartire tutti insieme uniti e compatti” era il novembre 1984, la stagione dell’arrivo di Socrates, che per qualcuno sarebbe stato più deleterio di quanto lo sia stato Mihajlovic.
Tre ore di attesa nello stanzone accanto a dove parlavano e grande eccitazione da parte mia perché immaginavo dialoghi più o meno serrati, tipo quelli che avevamo noi nel contemporaneo, calcisticamente parlando, e glorioso “Pit Stop Pizza” allenato dall’ottimo Maurizio Passanti.
Vedevo Oriali, Passarella e Pecci al posto mio di Dacci e Rostagno che si mandavano al paese per via di palloni non passati, punizioni rubate l’uno all’altro, egoismi assortiti.
Tutto chiarito, dissero, poi persero ancora qualche partita ed esonerarono De Sisti.
Sono passate le stagioni e di questi colloqui chiarificatori ne ho visti a decine, anzi li ho sempre più percepiti, perché ormai hanno anestetizzato (e rovinato) il calcio e così arrivano solo report liofilizzati di ciò che si sarebbero detti.
Ho un po’ perso la poesia, lo ammetto, e quindi sono cambiati anche i pensieri.
Mi sarebbe comunque piaciuto esserci per ascoltare ieri le scuse di Olivera e l’incazzatura di Cognigni, ma soprattutto per vedere la reazione di molti dei nostri eroi.
Li avrei sorpresi a cazzeggiare come fanno spesso?
Saranno stati assorti e magari anche un po’ contriti?
Si saranno accalorati come quando si tratta di discutere l’ingaggio o una bella marchetta?
Nell’attesa e nell’impossibile risposta alle domande del dubbio non rimane che affidarsi alle parole più o meno ufficiali: tutto bene, ripartiamo uniti e compatti.