Un quesito ben più lacerante di quello della scelta tra Liverani e Montolivo: fanno bene gli affidatari di Maria a non voler restituire (termine orrendo) la bambina di dieci anni alle autorità della Bielorussia che vogliono riportarla nel proprio Paese?
Ho sempre resistito al pressing di mia moglie, a cui sarebbe piaciuto avere un figlio in affidamento: l’ho fatto per puro egoismo, perché immaginavo quanto sarebbe stato straziante il momento dell’addio e non credo che esista allenamento mentale adeguato per vivere bene certe emozioni negative.
Ho conosciuto per interposta persona storie strazianti di orfanotrofi di Paesi dell’Est, del Sudamerica, in cui non stentavo a credere che una volta entrato lì dentro ti venisse voglia di portartene via due, tre, quattro, tutti, se fosse stato possibile.
Non a caso diversi genitori adottivi sono partiti dall’Italia con l’idea di avere un figlio e se ne sono tornati a casa con due o tre.
E però questa di Maria è una storia a suo modo diversa, atroce: si parla di violenze sessuali su una bambina di dieci anni, sul rischio che possa tornare a vivere quell’infermo.
Con il cuore siamo tutti con gli affidatari (volutamente non ho mai scritto “genitori affidatari”), ma poi bisogna pure ragionare ed ipotizzare che se passa il caso di Maria, se cioè rimane in Italia con chi adesso la nasconde, mille altri padri e madri che come me non sopportano il distacco dopo l’affidamento potrebbero fare lo stesso.
Senza contare che il caso rischia di bloccare 550 adozioni di bambini bielorussi e gettare nella disperazione altrettante famiglie da mesi, forse anni in trepidazione.
Insomma, nel nome di Maria io non so davvero quale sia la cosa giusta da fare, ma vorrei solo che non si speculasse sulla pelle di questa bambina, che ha un anno meno di mia figlia Valentina che proprio oggi va felicemente in prima media.