Nell solitudine della mia macchina, sotto una pioggia battente, ad un certo punto ho interrogato me stesso chidendomi: ma com’è che io non riesco ad essere così contento, al contrario di quello che sento in giro?
Com’è che mi girano le scatole?
Deeve essere un brutto segno dei tempi: eravamo stati così abituati al peggio, che ci va bene perdere (perché si è perso, lo vorrei ricordare ai più distratti) pur di vedere almeno un tempo giocato alla grande.
Ora, poiché a Palermo i minuti molto buoni erano stati almeno 65, a me pare che si sia fatto un piccolo passo indietro, anche se capisco che i due avversari non possano essere confrontati.
Io insomma tutta questa soddisfazione non riesco a provarla, forse perché sono un sognatore e mi era arrampicato sulle impervie vie della rincorsa all’Europa che adesso mi pare ancora più proibitiva.
E stiamo tornando ad essere sempre più legati tecnicamente a Mutu, se si accende lui si vola, come è avvenuto negli ultimi quindici splendidi minuti del primo tempo.
Altrimenti si gira molto in orizzontale in attesa del guizzo giusto, che arriva però pochissime volte.