Caro Sinisa Mihajlovic,
nel compimento del mio trentesimo anno consecutivo di trasferte sono arrivato alla conclusione statistica che non c’è mai stato nessun giornalista che abbia visto professionalmente più gare del sottoscritto a Torino contro la Juve.
Per questo motivo provo a spiegarti cosa è stata e cosa sarà per sempre questa partita per noi, che avendo qualche campionato alle spalle, amiamo il calcio di una volta.
La Juve è lo scudetto rubato del 1982, Causio che in Nazionale ruba le punizioni ad Antognoni, il corteo nel 1983 per il gol di Magath, il rigore che non c’era al novantesimo del 1984 contro la più bella Fiorentina che abbia mai visto.
La Juve è la spinta di Casiraghi a Pin nel 1990, il suo “noi siamo la Juve e tutto ci è permesso” (grande Mareggini un anno dopo, con quella passeggiatina…), è lo scippo di Baggio, con un giornalista de La Stampa mandato guarda caso a seguire i viola per tutta la stagione, è la telecronaca di Vitanza, che in una finale Uefa tra due italiane tifava spudoratamente per una delle due squadre che non era la Fiorentina.
La Juve è il lato più oscuro del potere, quello che spedisce diecimila tifosi viola ad Avellino, è la rimonta stupenda (per loro) e crudele (per noi) del 1994, è Bettega che mi disse che avrebbe chiudere Canale Dieci solo perché gli feci vedere e gli chiesi di commentare il tuffo di Ravanelli davanti a Toldo, è il rigore tante volte reclamato e mai concesso (e quando viene dato, lo sbagliamo, come nel 2006).
La Juve, caro Sinisa, è il tuo presidente Andrea Della Valle che si attacca alla cornetta del telefono e urla a Sky la sua rabbia per quello che successe due anni fa, con il rigore non dato a Jovetic e la rete annullata a Gilardino.
Può bastare tutto questo per farti capire il grande errore fatto nel sottovalutare una rivalità che scorre nel sangue di ogni tifoso viola per una gara che vale molto, ma molto di più, te lo assicuro, di Catania-Palermo?