IMMENSO BATI
Andò a segno consecutivamente nelle prime undici domeniche di campionato, battendo il record di Pascutti e facendo delirare una città. Era impressionante vedere la rabbia con cui Batistuta cercava e trovava il gol. Il momento più bello fu a Napoli, alla decima giornata, con la Fiorentina in svantaggio a pochi minuti dal termine. Un autogol di Cannavaro ed una prodezza di Cois rovesciarono il risultato e sembrava già andare bene così, solo che Gabriel non aveva ancora timbrato il cartellino e Pascutti avrebbe salvato il suo primato. In sei minuti Batistuta si scatenò, segnando una doppietta. Riuscii a sapere quando saremmo atterrati con la squadra all’aeroporto di Peretola e lo annunciai nel dopo partita: furono in cinquecento ad attendere il capitano per portarlo in trionfo. La domenica successiva contro la Sampdoria, al quarto d’ora della ripresa, Bati entrò nella storia trasformando un rigore. Mai nessuno sarà grande quanto lui.

4 DICEMBRE 1994
Siamo lanciatissimi, nei piani alti della classifica, e giochiamo a Torino contro la Juve. La signora Valeria è in collegamento da Roma, ogni tanto chiama al cellulare Vittorio e trasmetto per lui la radiocronaca personalizzata. Il primo tempo è da non credere: assatanati su ogni pallone, segniamo prima con Baiano e poi con Carbone. Abbiamo in pugno la partita, Manuela Righini accanto a me commenta estasiata e vuole perfino bene a Ranieri. Inizia la ripresa e non cambia nulla. A venti minuti dalla fine, giustamente, il tecnico manda in campo Amerini al posto di Baiano e cominciamo a guardare quanto tempo manca.
Poi, il giudizio universale calcistico. Segna Vialli e si intravedono le prime crepe. E’ un assalto della Juve, non riusciamo a venire fuori dalla nostra area. Segna di nuovo Vialli e siamo delusi, perché ormai avevamo fatto la bocca ai tre punti, ma in fondo un pareggio a Torino… A tre minuti dalla fine, uno dei più bei gol mai visti e commentati dal vivo. Un’autentica pennellata al volo di Del Piero su un lancio senza pretese di Tacchinardi. Non so ancora come ho fatto ad arrivare alla fine della radiocronaca. Dallo studio di Prato, a fine partita, Rinaldo vuole salutare donna Valeria: «allora signora Cecchi Gori, ci sentiamo fra due domeniche… Pronto, pronto, signora…». Scomparsa. Esattamente come la sua Fiorentina.

COME CON IL DUCE
Povero Vittorio, quante volte lo abbiamo ingannato. Ora che ci ha rovinato, glielo possiamo pure confessare: abbiamo usato con lui la stessa tattica che i fedelissimi del Duce usavano con Mussolini. Gli abbiamo fatto credere che le cose andassero in un certo modo, anche se non era vero. All’inizio della guerra, quando Benito passava in rassegna il modesto potenziale bellico italiano, i federali spostavano i pochi carri armati a disposizione da un luogo all’altro per dare più spessore ai folli sogni di grandezza dell’Impero. Noi, molto più modestamente, abbiamo fatto credere per anni a Vittorio di recepire in pieno i suoi desideri. Ad esempio, per suoi misteriosi motivi, Vittorio aveva deciso che Luca Frati de La Nazione, che commentava per noi le gare in diretta, portasse male e non fosse all’altezza del compito assegnato. Non lo voleva assolutamente sentire. E allora Rinaldo, alla fine del primo tempo, prendeva il telefono e raccoglieva gli sfoghi presidenziali, mentre Frati, non ascoltato da Roma, faceva tranquillamente il suo intervento. Una volta Vittorio chiese, sempre tramite Rinaldo, di andare da Luna per trasmettere a Ranieri il seguente perentorio messaggio: togliere Piacentini e mettere dentro Robbiati, il suo preferito. Ovviamente nessuno si mosse dalla tribuna stampa. Ma il capolavoro andò in scena a Canale Dieci, una sera in cui il presidente aveva deciso di esternare. Voleva a tutti i costi che io fossi presente in trasmissione, ma ero in ritardo a causa di una coda in autostrada. Il problema era che a Cecchi Gori non piaceva, chissà perché, Ilaria Masini, la presentatrice della trasmissione. Fu così che venne inventata la figura del “conduttore per una sera”: prendemmo Luigi Laserpe, lo vestimmo da bravo presentatore e lo catapultammo a condurre il programma di maggiore ascolto di Canale Dieci. I telespettatori non capirono bene cosa fosse successo, ma Vittorio si divertì moltissimo.

AI LAVORI FORZATI
La sciagurata idea fu di Roberto Sassi, il taciturno e velenoso preparatore atletico di Ranieri, che decise per dicembre, durante la sosta natalizia, un richiamo della preparazione fisica. Più che un richiamo, fu un vero e proprio urlo, una scudisciata inopportuna sui preziosi muscoli dei nostri eroi, che da quelle fatiche non si ripresero più. Arrivai a San Vincenzo, dove la squadra era in ritiro, alla fine dei lavori e trovai gente stravolta. Robbiati, esile com’era, non sembrava più lui: lo avevano torturato per fargli ingrossare i muscoli ed il risultato fu che non giocò per tutto il resto della stagione. Per colpa in gran parte di quella settimana da incubo la Fiorentina terminò il campionato in avvitamento su se stessa, al decimo posto. Nelle ultime cinque partite fece appena tre punti, ma opportunamente Luna, Cinquini e Antognoni scongiurarono il licenziamento di Ranieri, ormai quasi messo in atto da Cecchi Gori.

VI FACCIO CHIUDERE
Bettega mi era sempre stato antipatico per la supponenza dimostrata in tante interviste, ma non avrei mai creduto che fosse capace di dire quello che disse al termine di una dilagante vittoria della Juve a Firenze. La partita era andata malissimo, Batistuta aveva sbagliato un rigore e ai bianconeri ne era stato assegnato uno, inesistente, per un presunto fallo di Toldo su Ravanelli. Appena aveva visto Francesco in uscita, l’attaccante si era chiaramente buttato per terra e non c’era stato alcun contatto. Nel dopo partita riuscii ad agganciare Bettega per portarlo davanti alle telecamere. Alla terza domanda, gli chiesi del rigore inesistente e lui rispose che il fallo era netto.
«Mi scusi signor Bettega, ora se permette rivediamo le immagini»
«Va bene, non ci sono problemi»
Scorrono i fotogrammi al rallentatore ed è chiaro che si è trattato di un errore arbitrale.
«Come commenta signor Bettega queste immagini?»
«Non le commento, dico solo che ho fatto male ad accettare di essere intervistato da una televisione viola, lo dovevo sapere che era una trappola». E se ne andò, senza salutare.
Mentre stava per uscire dallo sgabuzzino adibito a studio televisivo, pronunciò a denti stretti, ma perfettamente udibile, la fatidica frase «io vi faccio chiudere».
Lì per lì passai cinque minuti con un grosso dubbio: che faccio, la riferisco o no? Poi ne parlai con Sandrelli, che ebbe l’ottima pensata di rilanciare l’infelice espressione in tutte le salse possibili. In fondo era un modo per dimenticare, almeno in parte, il fatto che la Fiorentina aveva perso 4 a 1 in casa contro la Juventus e per mandare Canale Dieci sulle prime pagine dei giornali. Scoppiò un putiferio. La signora Valeria, proprietaria della televisione, uscì dall’abituale riserbo e fu durissima con Bettega, che ebbe almeno il pudore di non smentire la minaccia. Da quel giorno però non mi ha più concesso un’intervista.