1993/94

L’inizio con Canale Dieci fu molto cinematografico. Venni convocato da Luna, che mi chiese di preparargli un “soggetto” per presentare le avversarie della Fiorentina: città, storia della squadra, tanto colore, interviste al sindaco e ai personaggi. Nessun accenno alle spese da sostenere, ma si capiva che non rappresentavano un problema. Era una rivoluzione copernicana rispetto ai miei primi dieci anni in televisione, basta pensare che nelle ultime tre stagioni non ero mai riuscito ad ottenere da Tvr lo straccio di una telecamera che venisse a riprendere un’intervista… Scrissi una specie di sceneggiatura, consegnai il manoscritto e venni invitato per una cena a Radda in Chianti, dove incontrai per la prima volta Paolo Fanetti, una delle persone migliori conosciute in nove anni di vita nel gruppo Cecchi Gori. Non ho mai saputo se Luna si sia accorto che non capivo niente di tutte le sue disquisizioni sui campi larghi e campi stretti da utilizzare per quei fantastici reportage che, per fortuna delle casse di Canale Dieci, rimasero solo nella testa di Lucianone nostro. Dissi sì a tutti gli accorgimenti tecnici suggeriti, chiedendomi se ero stato convocato come giornalista o ipotetico aiuto regista. A dirigere la televisione per fortuna non venne ingaggiato Mario Monicelli, ma Filippo Grassia, un nome di rilevanza nazionale, che aveva guidato il Guerin Sportivo e la redazione sportiva de La Stampa: un grande professionista, capace di stare sette ore in video senza mai fermarsi. Cominciava una nuova avventura.

RITIRO BOLLENTE
Dopo il dolore della retrocessione, il primo dei quattro consecutivi ritiri a Roccaporena (luogo ideale per la penitenza) si presentò delicatissimo. Per commentare la classica uscita stagionale contro i dilettanti del posto mandai allo sbaraglio il giovane Selvi ed il povero Francesco non riuscì nemmeno a finire la telecronaca a causa delle intemperanze dei tifosi alle sue spalle. Batistuta non c’era perché impegnato con la Nazionale, in compenso erano arrivati in viola Bruno, Tedesco, Campolo e Di Sole, e soprattutto Robbiati e Toldo, all’inizio in ballottaggio con Scalabrelli. Laudrup se ne era andato in prestito al Milan, mentre Effenberg venne trattenuto contro la sua volontà, quasi come punizione per il comportamento tenuto nei mesi precedenti. Non c’erano confronti con le altre squadre di serie B, anche se Baiano si fece male subito e restò fuori per sei mesi. Uno dei migliori fu Carnasciali, che nonostante la serie B continuò ad essere convocato in Nazionale: un buon difensore da inserire tra i non molti uomini con la testa sulle spalle conosciuti in oltre vent’anni di calcio. Il nuovo allenatore Ranieri fu bravo a gestire l’ambiente, tenendo sempre ben pigiato il pedale del freno. Questo atteggiamento gli costò l’amore dei tifosi più caldi, che avrebbero preferito un tecnico più sanguigno, ma con Ranieri la Fiorentina ottenne i migliori risultati degli ultimi trentacinque anni.

SIMPATICO QUESTO TOLDO
Il primo impatto con Toldo fu subito positivo. Arrivai apposta a Roccaporena per intervistarlo e mi trovai di fronte ad una pertica lunga quasi due metri, dalla faccia simpaticissima. Scoprii che non possedeva il telefonino e questa storia diventò fra noi un tormentone durato almeno due anni. Solo alla prima convocazione in Nazionale, Toldo si arrese alla dittatura del cellulare. All’inizio del nostro rapporto mi ero messo in testa di farlo diventare per forza una star della televisione, perché la sua simpatia era veramente contagiosa, e nella stagione successiva lo costrinsi a girare con Cois uno spot per i prodotti ufficiali della Fiorentina. Gli ho rotto per mesi le scatole con la storia che doveva laurearsi, o almeno diplomarsi all’Isef, perché intuivo che non avrebbe avuto grandi problemi nello studio: ha frequentato per un po’ di tempo e poi ha lasciato perdere. Peccato. Non si è mai arrabbiato quando l’ho criticato, semmai si è messo a spiegarmi pazientemente perché su quel pallone era proprio impossibile arrivarci. Non è mai cambiato da quando l’ho conosciuto la prima volta e quel gran cuore viola di Luciano Dati mi ha raccontato che Toldo è stato l’unico a chiedergli se aveva bisogno di un aiuto economico nell’anno in cui alla Fiorentina pagavano un mese sì e quattro no. Si impegna molto nel sociale, ma evita di farlo sapere per una forma di pudore ereditata dai genitori. Ci sono tanti minimi episodi che fanno di Francesco un giocatore fuori dai classici stereotipi del campione viziato. L’ultimo è avvenuto un’ora e mezzo prima del derby Inter-Milan. Suona il mio cellulare ed è lui dal pullman che chiede a bassa voce, per non essere ascoltato dai compagni, se mi era arrivata la sua maglia con dedica per un bambino a cui avevo promesso il regalo. So che ha Firenze nel cuore: sarò pure un inguaribile romantico, ma mi piacerebbe che giocasse da noi l’ultima stagione della sua splendida carriera.

VOGLIO CONOSCERE GUETTA
Richiesta più che legittima, rivolta polemicamente da Ranieri ai quei pochi giornalisti presenti ad un amichevole a Viareggio. Era successo che in una delle tante “prove tecniche di trasmissione”, Luna decidesse di riprendere l’amichevole della Fiorentina a Livorno, una partita che non sarebbe stata trasmessa, ma vista solo dalla squadra in una seduta di allenamento a porte chiuse. In pratica, mi esibivo per pochi intimi. Potevo quindi tranquillamente evitare di criticare, ed invece finii per raccontare la partita alla mia maniera, che piacesse o meno. Fu grande la Righini nel rispondere a Ranieri che «Guetta è il radiocronista più seguito a Firenze ed in questa stagione, con la squadra in B, lo sarà ancora di più». Grazie ancora, Manuela.

GUARDA CHE NON SIAMO IN SERIE A
Fantastico il mio approccio alla serie cadetta. La Fiorentina esordisce a Palermo ed io decido di non dare da studio i risultati della B, interpretando così al meglio il sentimento dei tifosi, che si sentivano ancora (giustamente) in serie A. Al decimo minuto chiedo il riepilogo dagli altri campi della massima serie e nessuno ha ancora segnato. Vado avanti con la radiocronaca, segna Banchelli e rendo ancora la linea alla regia per sapere se qualcuno in serie A è andato in gol. Niente. Al venticinquesimo minuto comincio a parlare di evento storico, perché non mi ricordavo un campionato in cui la prima rete si facesse attendere così a lungo. Finalmente, al trentacinquesimo del primo tempo vengo soccorso da una voce misericordiosa al cellulare di Luca Speciale: «dite a David che la serie A è partita con mezz’ora di ritardo rispetto alla B, forse era un po’ difficile che qualcuno riuscisse a fare gol…».
Uno dei pochi a darci una mano in quei mesi di Purgatorio calcistico fu il grande Paolo Beldì, che inventò da zero una trasmissione destinata ad avere un successo enorme: “Quelli che il calcio…”. Insospettabilmente tifoso viola, ma di quelli veramente malati per la propria squadra, Beldì infilò la Fiorentina dappertutto, con tormentoni particolarmente apprezzati dai tifosi, tipo mettere l’inno di Narciso Parigi ogni volta che Batistuta e compagni segnavano. E anche quello fu un modo per spiegare al mondo che non eravamo spariti dal calcio che conta.