Dopo aver banalmente attaccato i giornalisti per il flop olimpico, Giorgio Rocca ha concluso la sua prima intervista da “grande delusione italiana” ricordando che tra poco cominceranno le para-Olimpiadi (dedicate ai ragazzi e alle ragazze disabili) e che quindi il palcoscenico dei media dovrà essere tutto per loro.
E’ un illuso, ma ha fatto bene a provarci.
Ma non è solo questo che mi è piaciuto nelle parole dello sciatore finito in tutti i sensi a faccia in giù nella neve.
E’ confortante infatti vedere come difenda orgogliosamente il quinto posto ottenuto nella combinata, che è poi il miglior risultato del nostro sci alpino a Torino 2006.
Leggendo le sue parole è come si mi fossi per un attimo disintossicato dalla quotidiana droga calcistica e dai suoi riti tribali.
Insomma, uno lavora per anni, dà il massimo di quello che ha dentro e arriva quinto nel mondo: perché non dovrebbe essere soddisfatto in una logica che non sia solo quella della vittoria a qualunque costo e a qualunque prezzo?
Mi è piaciuto anche che abbia detto, a proposito della sua rovinosa caduta: “sapevo di essere in forma, ho rischiato ed è andata male, meglio così che il quarto posto”, e se ci pensate bene non esiste alcuna contraddizione con quanto scritto prima.
Nessun dramma quindi per questo clamoroso rovescio: è lo sport, con le sue regole ed i suoi insegnamenti.
E forse non sarebbe male che la poesia di Kipling “Se” appesa davanti all’entrata di Wimbledon, venisse incorniciata in tutti gli spogliatoi calcistici italiani.